Carissimi tutti,
confratelli salesiani e laici impegnati nei consigli delle CEP e nelle Equipe di PG nelle nostre opere salesiane del Triveneto.
Con questo mese di marzo iniziamo il cammino quaresimale, che ci porta verso la Pasqua. La vita cristiana è un cammino che passa attraverso deserti, tentazioni, sofferenze e croci, ma Gesù ci mostra che tutto conduce alla Risurrezione. Da due settimane, inoltre, è iniziato il 29° Capitolo Generale dei Salesiani che ha come titolo: “Appassionati di Gesù Cristo, dedicati ai giovani”. Questo capitolo raduna salesiani da tutto il mondo per riflettere comunitariamente sul modo di mantenersi fedeli al Vangelo e al carisma salesiano oltre che sensibili ai bisogni dei tempi e dei luoghi, cercando di conoscere, in questo determinato momento della storia, la volontà di Dio per un migliore servizio alla Chiesa1. In modo particolare sono tre i nuclei su cui si soffermeranno a riflettere: 1. Animazione e cura della vita vera di ciascun salesiano; 2. Insieme Salesiani, Famiglia Salesiana, e laici “con” e “per” i giovani; 3. Una coraggiosa verifica e riprogettazione del governo della congregazione a tutti i livelli. Vogliamo perciò ricordare e sostenere con la preghiera tutti i capitolari affinché sappiano ascoltare la voce dello Spirito Santo e guidare l’intera Congregazione a interpretare la volontà di Dio in questo tempo che viviamo.
In questi focus di PG stiamo portando avanti i temi dei nuclei del POI e da gennaio stiamo approfondendo il nucleo della Missione salesiana. A Gennaio in modo particolare ci siamo soffermati sul tema dell’Accompagnamento vocazionale, il mese scorso invece sul tema dell’Evangelizzazione e Primo Annuncio. In questo mese affrontiamo l’ultimo tema per la Missione che riguarda l’attenzione ai poveri. Il mese prossimo vedremo invece il nucleo relativo alla missione condivisa tra salesiani e laici. Vorrei introdurre la riflessione di questo mese con quanto ha detto don Stefano Martoglio nel discorso di apertura al CG29, in cui riprende entrambi i temi:
Insieme Salesiani, Famiglia Salesiana, e laici “con” e “per” i giovani: siamo chiamati a completare, nella continuità, i cammini di riflessione del CG28 e crescere nella missione condivisa.
La vitalità apostolica, come vitalità spirituale, è impegno a favore dei giovani, dei ragazzi, nelle più svariate povertà; pertanto, non ci si può fermare a offrire solo servizi educativi, il Signore ci chiama a educare evangelizzando, portando la Sua presenza ed accompagnando la vita con opportunità di futuro.
Siamo chiamati a cercare nuovi modelli di presenza, nuove espressioni del carisma salesiano in nome di Dio. Questo sia fatto in comunione con i giovani e con il mondo, tramite “un’ecologia integrale”, nella formazione di una cultura digitale nei mondi abitati dai giovani e dagli adulti.
Occorre quindi essere attenti a sviluppare un modello di bene economicamente sostenibile, senza esclusione dei poveri.2
La nostra identità salesiana, come consacrati, come docenti ed educatori che operiamo in case salesiane, è inseparabile dai poveri. Don Bosco non ha fondato un'opera qualsiasi per i giovani, ma un'opera per i più poveri e abbandonati. Non è una scelta tra le tante, ma la prima e più urgente. Senza i poveri, la nostra vocazione è monca, le manca qualcosa. Ma quali sono i ragazzi più poveri?
Don Pascual Chávez (Rettor Maggiore dei salesiani dal 2002 al 2014), nel suo magistero, ha tracciato un elenco di chi sono i giovani poveri oggi, legandolo ai diritti dei minori3. Oggi i giovani poveri non sono solo quelli senza risorse materiali. Sono gli scartati della società, i figli di famiglie disgregate, i migranti senza patria, i giovani senza riferimenti adulti. Sono quelli intrappolati in dipendenze, nel disagio psicologico, nella povertà educativa. Sono i giovani senza speranza. Sono i giovani che incontriamo nelle nostre scuole, nei nostri oratori, nelle nostre comunità… e sono tanti. Se non partiamo da loro, la nostra pastorale diventa sterile e autoreferenziale.
Sappiamo che andare incontro ai veri poveri non è facile. Non è un’esperienza romantica, ma una sfida che mette alla prova la nostra pazienza e la nostra capacità di amare. La povertà porta con sé ferite profonde, comportamenti difficili, resistenze. Sappiamo che non basta dare risposte immediate o soluzioni facili. Serve un cuore largo, capace di amare senza stancarsi. Ma noi, quanto siamo capaci di stare in queste situazioni?
Lavorare con i poveri educa noi stessi alla carità vera, al perdono, alla perseveranza. Ci fa crescere nella fede, perché spesso il risultato del nostro lavoro non si vede subito. Ma è proprio in questo che ci viene chiesto, di essere segno di speranza. La speranza, in questo anno giubilare, ci spinge a credere che nessuna vita è segnata in modo irreversibile, che ogni giovane può rialzarsi se trova qualcuno disposto a camminare con lui. E noi, siamo disposti a fare questo cammino con i più poveri?
don Emanuele Zof
DELEGATO PG - INE
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1 Cfr. Cost 146.
2 S. Martoglio, Discorso di apertura del Vicario del Rettor Maggiore, 16 febbraio 2025
3 P. Chavez, Educhiamo con il cuore di Don Bosco