IL MONITORE SEGRETO
Carissimi confratelli,
vari di noi a fine di luglio hanno vissuto i giorni della Programmazione INE ad Auronzo di Cadore. Il “la” a queste giornate lo ha dato il ritiro spirituale tenuto da don Nicola Giacopini. Commentando il versetto del Vangelo Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò (Mt 11, 28), don Nicola ha chiesto: Chi si prende cura di chi si prende cura? Chi si prende cura di noi? Questa domanda mi è risuonata nel cuore e nella mente per più giorni. La prima tentazione è stata quella di rimuoverla, forse perché scomoda dato che rispondervi significa dichiarare d’esser bisognosi dell’aiuto di qualcuno e ratificare la propria debolezza. La seconda tentazione è stata quella di trovare delle risposte “cerotto” solo per potermi dire di aver eseguito diligentemente i compiti per casa. Ho quindi cercato di rispondere seriamente alla domanda se non altro per ridurla ad un cruccio non troppo oneroso. Tra le risposte meritorie di attenzione ve n’è una che ho ripescato dall’anno di noviziato. Allora il maestro ci disse: Sceglietevi un monitore segreto, qualcuno che possa aiutarvi a prendere coscienza di quegli ostacoli alla carità che abitano in voi, qualcuno che vi aiuti a mantenervi in stato di lotta attiva contro il vostro difetto dominante o contro qualsiasi altro ostacolo all’amore di Gesù. Ricordo che allora ingaggiai subito con zelo uno dei novizi, ma poi scoprii che lo scelsi troppo buono e talmente benevolo che dovevo fargli da suggeritore.
Credo che la pratica del monitore segreto non sia da relegare ai tempi della formazione salesiana né tantomeno da archiviare come qualcosa di desueto. Don Bosco ci teneva molto. Ne troviamo traccia soprattutto nell’intenso lavoro formativo che compì con i suoi giovani collaboratori. Il 5 giugno 1852 ne radunò 14 per esortarli a scegliersi fra i compagni un monitore segreto, il quale caritatevolmente avvertisse colui che lo aveva scelto a questo uffizio dei difetti nei quali fosse caduto per guardarsene. Rua Michele per suo monitore segreto scelse Reviglio, e ci assicurava che gli avvisi dati dall’amico gli giovarono immensamente.1 Sul finire del 1861 don Bosco aveva manifestato ai giovani il desiderio di ricevere da loro stessi un biglietto in cui gli confidassero i loro propositi o le grazie da chiedere. A conferma di quali fossero i consigli spirituali che dava don Bosco, un giovane scrisse: Mi eleggerò un monitore segreto e lo pregherò a volermi osservare ben bene e a riprendermi ogni qual volta mi troverà mancare in qualche cosa.2 Inoltre don Bosco così scrisse nei Ricordi ai primi missionari (1875): Fra di voi amatevi, consigliatevi, correggetevi, ma non portatevi mai né invidia, né rancore, anzi il bene di uno sia il bene di tutti. I primi indizi che tale pratica gli stesse a cuore li troviamo negli anni vissuti dal giovane Giovanni Bosco a Chieri. Lungo la settimana la Società dell’Allegria si raccoglieva in casa di uno dei soci per parlare di religione. [...] Ci trattenevamo alquanto in amena ricreazione, in pie conferenze, letture religiose, in preghiere, nel darci buoni consigli, e nel notarci quei difetti personali che taluno avesse osservato, o ne avesse da altri udito a parlare. Senza che per allora il sapessi mettevamo in pratica quel sublime avviso: “Beato chi ha un monitore”. E quello di Pitagora: “Se non avete un amico che vi corregga i difetti, pagate un nemico che vi renda questo servizio”.3
Supportato da don Bosco, credo che il monitore segreto sia una pratica da recuperare nella nostra tradizione salesiana, qualora fosse andata in disuso, e penso che possa essere una risposta concreta alla domanda posta da don Nicola, oltre che una concretizzazione di quanto San Paolo scrisse ai Romani: correggetevi l’un l’altro (Rm 15,14). Inoltre, come ha ricordato in questi giorni il sig. Paolo Zini predicando gli Esercizi Spirituali a San Fidenzio, l’ostinazione dell’amore di Dio non di rado riguarda il linguaggio duro della correzione. Ne è una conferma quanto scrive l’autore della Lettera agli Ebrei: Il Signore corregge colui che ama (Eb 12,6). L’efficacia della monizione richiede umiltà, fiducia, silenzio interiore, ascesi e allo stesso tempo un piano di attacco verso tutto ciò che in noi azzoppa la carità.
Al monitore segreto lascio queste parole di René Voillaume: In primo luogo evitare sempre di essere assoluti e totali nei vostri rimproveri. [...] Bisogna aiutare, non scoraggiare né opprimere. Quando un vostro fratello lotta veramente e fa il possibile, è inutile ritornare sull’argomento, anche se i risultati sono mediocri. Bisogna invece richiamare l’attenzione quando c’è dimenticanza, negligenza, o abbandono della lotta. [...] È tutto un programma che, per realizzarsi, necessita di un’atmosfera di intimità, di mutua fiducia e di gioia fraterna.4 E di dolcezza, aggiungerebbe Papa Francesco il quale ha detto: Forse è un po’ esagerato, ma io oso dirlo: abbiamo dimenticato la capacità di parlare con dolcezza, il nostro parlato è sgridarci... non c’è dolcezza.5
Un compito ulteriore da affidare al monitore segreto per rendere la sua azione più completa ed efficace è quello dell’apprezzamento. Abbiamo bisogno anche di “apprezzatori segreti”, di persone che ci confermano nelle nostre azioni buone, che ci rafforzano in tutto ciò che ha il sapore della carità, che son capaci di riconoscere la bontà che abita in noi quando la bassa autostima è un bianchetto che, invece di cancellare gli errori, depenna quanto facciamo di bene facendoci perdere anche la postura di figli peccatori amati e perdonati. Scrisse don Vecchi: È necessario educarsi ed educare i singoli ai rapporti, anche con una parola, un sostegno, un incoraggiamento.6 Ben vengano allora quegli “apprezzatori segreti” che ci fanno cogliere che si può esser luce anche quando ci si sente ombra. Dio è imbattibile in quest’arte restituendoci con il suo sguardo penetrante alla verità di noi stessi. Vivendo alla sua presenza possiamo far emergere dal buio la luce che ci abita. Con altre parole papa Francesco ha detto ai giovani a Lisbona: Abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni. Sostituite le paure coi sogni: non siate amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!7 È un dono immenso poter avere accanto qualcuno che dipana le nostre paure e che ci conferma nel nostro desiderio di bene e nella capacità di sognare.
Un’ultima cosa. Nella condivisione finale del Campo Vocazionale svoltosi a Pesariis, un giovane ha detto: Gesù è la meraviglia della mia vita. Come confratelli abbiamo il compito di custodire questa intuizione che è anche di ciascuno di noi al punto che vi abbiamo corrisposto con la scelta della vita consacrata. Affinché sia custodita e non vada nel dimenticatoio, un aiuto ci può arrivare proprio dal monitore segreto.
don Igino Biffi
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1 Memorie Biografiche IV, p.428-429.
2 Memorie Biografiche VI, p.449.
3 Giovanni Bosco, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855 in Fonti Salesiane, p.1194.
4 René Voillaume, Come loro nel cuore delle masse. Vita e spiritualità dei Piccoli Fratelli di Gesù, San Paolo, 1999, p.227-228. Prezioso l’intero capitolo: L’ascesi delle fraternità, p.218-239.
5 Papa Francesco, Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, 21 ottobre 2016.
6 Juan Edmundo Vecchi, «Esperti, testimoni e artefici di Comunione». La comunità salesiana – nucleo animatore, in ACG 363, p.31.
7 Papa Francesco, Incontro con i giovani universitari alla GMG 2023, Lisbona, 3 agosto 2023.