Carissimi confratelli,
uno dei temi avviati dall’ultimo Capitolo Ispettoriale riguarda il ridimensionamento e il ridisegno dell’Ispettoria. È un argomento affrontato già altre volte (ho trovato in archivio un ampio documento intitolato Ridimensionamento e ricollocazione del 2006), ma che ha sempre faticato a trovare cammini concreti e costanti. Nonostante questo, scelte ne sono state fatte in questi ultimi vent’anni ma, con il passare del tempo, il tema sta diventando sempre più cogente. Convinto che la vita è molto più ricca e generosa dei problemi che abbiamo, qui desidero solo condividere con voi alcune riflessioni che mi rimbalzano dalla testa al cuore all’anima.
Il cantiere del ridisegno e ridimensionamento sta facendo emergere vari aspetti di cui tener conto. Questi dettano il passo, a volte rallentandolo, altre volte ingolfandolo. Cogliamo chiaramente che le scelte devono essere il frutto di processi. Si tratta di gestirli e accompagnarli se vogliamo che il percorso sia vissuto il più possibile nella comunione e per la vita. Lo sappiamo: non esiste il Black Friday dei discernimenti in cui è possibile acquistare le scelte a basso costo e in breve tempo. La grazia è a caro prezzo,1 scrisse Dietrich Bonhoeffer. È a caro prezzo perché ci chiama a seguire, è grazia, perché chiama a seguire Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché l’uomo l’acquista al prezzo della propria vita, è grazia, perché proprio in questo modo gli dona la vita.2
Sono sempre andato avanti senza sistemi, -disse don Bosco- come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano.3 Ciò non significa che don Bosco agisse d’istinto. Aveva un sogno che un po’ alla volta prese forma fino a divenire un metodo d’azione. Nel nostro attuale cantiere il metodo lo stiamo delineando, ma allo stesso tempo le urgenze premono così come le ricchezze che temono d’essere spazzate via. Più che uno studio di progettazione siamo un ospedale da campo che cura mentre combatte la battaglia. Io vedo la Chiesa -ha confidato Papa Francesco- come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto.4 Un ospedale da campo è il luogo della prossimità, della cura, della speranza, ma è anche lo spazio in cui avvengono le amputazioni a seguito delle ferite ricevute. Come Ispettoria stiamo scoprendo che non siamo immortali: è questo il grande frontale che stiamo facendo. Troppo facilmente riflettendo sull’immagine dell’ospedale da campo ci mettiamo dalla parte del personale medico. E se invece fossimo anche noi parte dei feriti? E se ferita fosse la vita consacrata? Se solo riuscissimo a riconoscere che Dio ci sta chiamando nelle nostre ferite e paure. Sono queste l’origine di un lavoro di trasfigurazione e di affidamento, l’occasione per scoprire nuove forme in cui vivere il carisma salesiano. Possono esser luci più che ombre. Come Maria e Giuseppe anche noi angosciati (Lc 2,48) cerchiamo Gesù. Dov’è Gesù nel nostro lavoro di ridimensionamento e di ridisegno? Dobbiamo accompagnare questi processi di discernimento, aiutare ad accettare una vita diversa più che una morte certa, cercare Gesù. Siamo in un kairos di purificazione e di rinascita in cui ridirci ciò che è essenziale per la vita.
Il metodo prevede ascolto, tanto più in tempi di sinodalità, ma è faticoso comprendere davvero cosa significhi ascoltare. Così ci ha scritto il Rettor Maggiore: Occorre non dimenticare che il ridisegno non è un documento, né lo fa un piccolo gruppo di saggi, né consiste solo nel chiudere alcune case. È un processo che deve coinvolgere tutte le comunità, i confratelli e anche i laici.5 L’ascolto prevede coinvolgimento. L’ascolto è disponibilità a stare nel travaglio, nella fatica, per creare convergenza nella fiducia vicendevole. I soggetti che ascoltano e quelli che vogliono essere ascoltati molte volte si identificano. Sono le comunità salesiane, i singoli confratelli, i volontari, i dipendenti, gli amici dell’opera, le famiglie dei ragazzi, i giovani stessi. In molti casi si tratta di soggetti corresponsabili della missione salesiana che, sia effettivamente sia affettivamente, hanno fatto la scelta di don Bosco e del carisma salesiano. C’è relazione tra ascolto e obbedienza. Obbedire alla realtà è ascoltare la realtà, tutta la realtà. Contestualmente è importante educare la realtà affinché ci si possa comprendere sempre più nei limiti e nelle possibilità. Serve accompagnamento nei processi i quali, per essere comunitari e creare convergenza, richiedono tempo, costruzione di visioni comuni, maturazione comunitaria di atteggiamenti spirituali esigenti. In tutto questo un problema non facile da dirimere riguarda la diversa interpretazione e visione della realtà, gli sguardi diversi con cui si osserva la stessa realtà. Per i Giudei Lazzaro è morto, per Cristo risorgerà (Gv 11,23). Solo nella preghiera maturiamo lo sguardo di Cristo.
Nelle scelte riguardanti il ridimensionamento e il ridisegno c’è in ballo la vita e c’è in ballo la morte. Calo di confratelli, fragilità varie, problema demografico, fatiche economiche e gestionali... tolgono il fiato e offuscano il tanto bene che c’è. Sembrano essere antipasti della morte. E se fossero sfide? Pur stando nel corpo di Cristo, tremiamo. Abbiamo paura di morire e non ci fidiamo fino in fondo del Dio della vita. Stiamo resistendo all’idea della morte e incolpiamo noi stessi e gli altri delle cause dimenticando che la storia è dinamica nella sua logica pasquale. Dobbiamo imparare a pensare che la morte presente in alcuni nostri discernimenti accoglie il cadavere di Cristo come premessa di resurrezione. Il problema è il morire, ma la complicazione è che pensiamo che la morte abbia l’ultima parola e non riconosciamo nella potatura la promessa di portare più frutto (Gv 15,2). Allo stesso modo, se il chicco di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24).
I tralci, il chicco non siamo solo noi. È questo il dramma: proporre con un taglio la morte a chi ha condiviso una promessa di vita. È vero che dobbiamo tagliare, morire, ma è faticoso compiere scelte che mettono anche gli altri faccia a faccia con la morte. Nell’accompagnamento, possibilmente reciproco, dobbiamo imparare a riconoscere tutti insieme, salesiani e laici, la morte contenuta nei discernimenti come l’anticipo di una nuova resurrezione e non semplicemente come la conseguenza di una operazione urgente, inderogabile e dal sapore solo gestionale. Allo stesso tempo dobbiamo abilitarci a saper afferrare e far nostri i germogli di vita, le profezie, le sorprese promettenti e quelle resurrezioni in germe che ci permettono di osare il futuro di Dio. Un’ultima cosa.
Riusciremo a compiere insieme tutto questo nell’intima unione con il Signore Gesù morto e risorto? Sì, sicuramente, passando attraverso la Grazia a caro prezzo.
don Igino
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1 Cf. Dietrich Bonhoeffer, Sequela, Queriniana 1975, p.21-35.
2 Dietrich Bonhoeffer, Sequela, Queriniana 1975, p.23.
3 Memorie Biografiche, vol.VI p.383.
4 Antonio Spadaro, Intervista a Papa Francesco, in L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n.216, 21 settembre 2013.
5 Don Angel Artime, Lettera del Rettor Maggiore a conclusione della Visita Straordinaria INE, 9 settembre 2023.