Carissimi fratelli e sorelle,
"Beati i miti... Beati i misericordiosi... Beati gli operatori di pace..." - queste parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato sembrano dipingere il ritratto di don Giorgio. In questo momento di commiato, mentre il nostro cuore si stringe nel dolore, sento che la Madonna della Tenerezza ci avvolge tutti nel suo manto materno, ricordandoci che "le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione; esse si rinnovano ogni mattina", come abbiamo ascoltato nella prima lettura.
Don Giorgio nacque in una famiglia dove l'amore e la fede si intrecciavano nella trama quotidiana della vita. Fu battezzato con il nome di Giorgio Antonio Natale, quasi un presagio della gioia che avrebbe portato nella vita di tanti. Da sua madre Elena apprese quella povertà di spirito e quella mitezza che il Vangelo proclama beate. Come lui stesso ricordava con tenerezza: "Mi resta tuttora scolpito l'esempio di mia mamma: la semplicità con cui si rivolgeva al Signore, la tenerezza riconoscente con cui passava tra le tombe di parenti e conoscenti, la benevolenza verso tutti."
La sua vocazione è sbocciata in quel "tessuto di religiosità" che era Campocroce, dove, come dice il Salmo che abbiamo pregato, "l'anima mia attende il Signore più che le sentinelle l'aurora". Lui stesso raccontava come la chiamata del Signore si manifestò attraverso tante mediazioni: il clima di vita cristiana della famiglia, l'esempio del cappellano don Natale Ferronato, la presenza delle suore Dorotee, giunte nell'immediato dopoguerra a portare una ventata di novità per bambini e giovani.
Fu in una domenica di primavera del 1949, durante il catechismo, che il giovane Giorgio manifestò per la prima volta la sua aspirazione al sacerdozio. Don Natale aveva parlato con entusiasmo di sacerdoti e missionari, e alla sua domanda se qualcuno volesse seguire questa vocazione, vari ragazzi alzarono la mano. Ma fu solo Giorgio a perseverare in quella scelta, manifestando quella "fame e sete della giustizia" di cui parla il Vangelo.
La provvidenza lo condusse dai Salesiani di Catello di Godego. Qui trovò quello che lui chiamava "un grande clima di famiglia, fatto di fraternità tra i compagni e spirito di pietà sentito e sereno", tipico delle case di don Bosco. Il giorno della sua partenza per il noviziato ad Albarè di Costermano, si guardò allo specchio, consapevole che stava lasciando "non solo la cravatta, i capelli curati e il vestito grigio-brillante", ma stava imboccando "una via non comune, ardua e speciale".
Il suo percorso di formazione fu intenso e come ricordava lui stesso, furono anni impegnativi, segnati anche da problemi di salute e ricoveri ospedalieri che avrebbero potuto interrompere il suo cammino verso il sacerdozio. Proprio in quelle difficoltà, come dice la prima lettura, sperimentò che "buono è il Signore con chi spera in lui, con l'anima che lo cerca".
Il 10 aprile 1965, vigilia delle Palme, ricevette l'ordinazione sacerdotale nel Santuario della Madonna della Salute di Monteortone. Fu in quella circostanza che sua madre gli confidò quanto aveva custodito nel cuore per tanti anni: "Don Giorgio, ti dico solo ora che il desiderio più grande della mia vita era di avere un figlio Sacerdote. Non te l'ho mai manifestato prima perché non volevo influenzare la tua scelta."
I ricordi familiari ci dipingono il ritratto di uno zio che incarnava perfettamente la beatitudine degli operatori di pace. Come ricordano i nipoti, al ritorno dai suoi viaggi radunava tutti i cugini per mostrare le diapositive, trasformando quelle serate in momenti di intimità familiare. "Chiediamo a don Giorgio" - questa frase risuonava spesso in casa, perché per tutti i diciassette nipoti era diventato quel "faro" e quell'"ancora" a cui aggrapparsi nei momenti di gioia come in quelli di difficoltà.
Nel 1971, dopo la specializzazione in Psicologia Clinica, don Giorgio fondò l'IRIPES a Pordenone. Come Gesù che "passò beneficando e risanando", secondo le parole degli Atti degli Apostoli, così don Giorgio ha dedicato la sua vita a curare le ferite dell'anima. Il dottor Giancarlo Basaglia ricorda: "In quegli anni la Psicologia era vista con cautela. Don Tonolo, in perfetto stile salesiano, ha colto l'opportunità della nuova scienza, governandola invece di lasciarsi governare e mettendo sempre al centro la persona." Con delicatezza, professionalità e attenzione per gli ultimi, testimonia Toni Dall’Arche missionario i Bolivia, don Giorgio ha supervisionato dell’equipe di operatori che gestivano la "Comunita' Giovanile" di Conegliano, una struttura di ricupero per giovani in situazione di dipendenza da sostanze.
La sua grande intuizione fu la creazione della "Scuola Genitori" nel 1987, vivendo quella beatitudine dei misericordiosi che il Vangelo ci ha annunciato. Come scrivono don Nicola Giacopini e Beatrice Santarelli, dello IUSVE università salesiana di Mestre inciso alla cui fondazione don Giorgio ha contributo, il progetto scuola genitori nasceva "con l'intento di offrire ai genitori uno spazio di riflessione insieme su se stessi con gli altri". Per trentacinque anni, questo progetto ha toccato la vita di migliaia di persone, aiutandole a "orientare e riorientare le loro azioni educative".
Le testimonianze dei suoi collaboratori ci mostrano come abbia vissuto le beatitudini nel quotidiano. La dottoressa Francesca Curione ci regala un ritratto intimo e toccante: "Sono tanti i momenti che si affacciano ora alla memoria... tanti gli abbracci, le lacrime, le fatiche nascoste e condivise, le risate, le sgridate..." E aggiunge con quell'affetto che solo chi lo ha conosciuto da vicino poteva esprimere: "Ti voglio bene Don Giorgio... e so che, ancora una volta, la tua risposta sarebbe, con l’ironia che ti contraddistingue,.... 'purtroppo'!"
La dottoressa Maria Livia Seriani ricorda come don Giorgio sia stato "un maestro prezioso" che le ha mostrato "come saper accogliere l'altro in modo rispettoso, credere in lui e dargli fiducia". La dottoressa Alessandra Crivellaro parla della sua "mitezza che non era debolezza, ma forza silenziosa, capace di penetrare le anime e lasciare un segno profondo." Il suo era uno sguardo che sapeva leggere oltre le parole, oltre le apparenze, fino a toccare il cuore delle persone.
Fino all'ultimo, come le sentinelle che attendono l'aurora, don Giorgio ha continuato a seminare speranza. Il progetto "Oltre i vetri: nonni in casa", nato per contrastare l'isolamento e la solitudine nella terza e quarta età, testimonia come il suo cuore sia rimasto sempre aperto ai bisogni degli altri. Come ricordano i suoi collaboratori, questo progetto mirava a entrare nelle case delle persone anziane sole per prendersene cura, continuando così quella missione di tenerezza che aveva caratterizzato tutta la sua vita.
Anche in quest'ultimo tratto di strada, il Signore gli ha fatto dono di una presenza speciale: Gianpaola, che lo ha assistito con quella stessa tenerezza e dedizione che lui aveva sempre donato agli altri. È stato come un cerchio che si chiudeva perfettamente: lui che aveva vissuto la beatitudine dei misericordiosi ha trovato misericordia, lui che aveva consolato ha ricevuto consolazione. La presenza premurosa di Gianpaola, dei confratelli, dei familiari, dei collaboratori e di chi gli ha voluto bene, è stata un segno tangibile di come il Signore non ci lascia mai soli, ma ci dona sempre le persone giuste nei momenti giusti.
Come lui stesso ha testimoniato: "In questi cinquant'anni facendomi servo mi sono arricchito io stesso: nell'accostare con affetto e partecipazione il cuore dell'altro, nei suoi sentimenti più veri e profondi, ho sempre ricevuto qualche dono prezioso e segreto per la mia anima." In queste parole c'è tutta l'essenza del suo ministero: la capacità di vedere in ogni incontro un'occasione di grazia, la convinzione profonda che "quello che è autenticamente umano è anche intimamente cristiano."
Ora, mentre lo affidiamo alla Madonna della Tenerezza che don Giorgio ha testimoniato, facciamo nostre le parole dei suoi "mamme e papà" della Scuola Genitori: "Chi ti ha conosciuto e ha condiviso con te anche solo un pezzo di strada nella vita, è stato accolto, compreso, illuminato, accompagnato, confortato, riconciliato."
"Rallegratevi ed esultate", ci dice Gesù, "perché grande è la vostra ricompensa nei cieli." Oggi, mentre piangiamo la separazione terrena da don Giorgio, possiamo gioire perché sappiamo che ha raggiunto quella ricompensa promessa a chi vive le beatitudini con fedeltà quotidiana. Il modo migliore per onorare la sua memoria è continuare a vivere le beatitudini come lui ce le ha insegnate: nella mitezza dell'accoglienza, nella misericordia del perdono, nella purezza dello sguardo che sa vedere Dio in ogni persona.
Grazie, don Giorgio, per averci mostrato con la tua vita che le beatitudini non sono un ideale irraggiungibile, ma la via concreta della felicità. Riposa nella pace del Signore, sotto il manto dell’Ausiliatrice insieme a don Bosco, mentre noi ci impegniamo a far fiorire i semi di Vangelo che hai piantato nei nostri cuori.