OMELIA
Don Alberto Guglielmi
(09.11.1944 – 01.05.2023)
Bolzano, 3 maggio 2023
1Cor 15,1-8 Sal 18 Gv 14,6-14
Posso dire con sincerità che sono contento della mia vita. Non riesco a immaginare concretamente una migliore di quella che il Signore mi ha data. Sono grato al Signore per il tempo della mia vita, segnato da grandi condottieri della Nave della Chiesa: da Pio XII a Papa Francesco, doni grandi e diversi che hanno cambiato la rotta della nave verso una navigazione ottima per il porto sospirato della fedeltà al Vangelo di Gesù. Così scrive don Alberto nel suo testamento spirituale. Aveva colto che il porto sicuro a cui attraccare è Gesù. Aveva scoperto che è Lui la via, la verità e la vita. Lo scrisse in una sua poesia che è preghiera: Te cerco, te voglio, / Gesù, dolce Nome, / il mio corpo a te /e tutta l’anima mia (Roma, 25.3.1973).
La fede è stato uno dei doni più preziosi che Alberto ha ricevuto in famiglia, in particolare grazie alla mamma. È lei che con la sua testimonianza ha risposto a quella richiesta interiore che abita tutti noi e che abbiamo ascoltato nel Vangelo per bocca di Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Questa supplica è la traduzione del desiderio di Dio che geme in noi. Ci fa sentire il vuoto interiore ogni volta che non trova risposta. La sua mamma con la vita gli mostrò il Padre. Così scrive di lei don Alberto: Di mamma Regina porto ricordi preziosi: la carica di gioia di vivere che ci metteva quando veniva a svegliarci al mattino, la fede che ci ha trasmesso con tanti segni e riti, la sua testimonianza di persona credente che ha sempre ricorso all’aiuto di Dio, della Madonna, dei santi. Abbiamo bisogno oggi di uomini e donne che con la loro vita ci mostrano l’amore del Padre. Il Vangelo necessita della testimonianza per essere annunciato, esige persone che abitano la sorgente della propria interiorità. San Paolo scrive ai Corìnzi: A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto. Don Alberto sapeva che la trasmissione del Vangelo non può essere scissa dalla propria interiorità. Così ha scritto: Non c’è dubbio che se curiamo la nostra vita interiore, per osmosi questa passa e si comunica come solo lo Spirito sa (26 agosto 2020). Era preoccupato che la vita spirituale della comunità salesiana fosse capace di evangelizzare. Bisogna riflettere se la cosa più preziosa che abbiamo, la nostra vita spirituale, la dobbiamo vivere segretamente, appartati, oppure dobbiamo viverla nella dimensione dell’evangelizzazione missionaria, quindi aperta partecipata ai laici che desideriamo parte della comunità educativa. Questa prospettiva darebbe una diversa collocazione alla nostra preghiera, in luogo pubblico e non in clausura, in tempi-orari possibili a tutti (26 agosto 2020). A conferma del suo desiderio di trasmettere l’amore di Dio, ecco quanto ha condiviso da Salerno don Antonio Martinelli: Viveva tutto con un ordine interiore. Da presbitero ha sempre cercato una liturgia eloquente, dalla quale trasparisse innanzitutto l’amore di Dio.
Alberto nasce ad Andria (BA) il 9 novembre 1944, ultimo di tre figli, da papà Roberto e mamma Regina Rungg, altoatesina e ladina. Papà e mamma si conoscono a Merano, si sposano e incominciano a peregrinare in Italia a causa del lavoro nella Guardia di Finanza del capofamiglia: Veneto, Friuli, Campania, Puglia e, quindi, Andria (BA). È qui che, al seguito del fratello maggiore, varca fin da piccolo l’ingresso dell’oratorio salesiano. Scrive don Alberto: In Oratorio ho trovato chi ha saputo valorizzare tutte le mie qualità nella liturgia, catechesi, cartellonistica, teatro. Riguardo a quest’ultimo, nel suo testamento racconta: Il teatro mi ha attratto tanto e riuscivo al meglio sia nei ruoli drammatici, sia in quelli comici, sia nel canto. In Oratorio -così scrive- ho scoperto le mie capacità espressive e le doti da leader. Nei vari momenti formativi ho fatto esperienze tanto significative che mi hanno pian piano fatto capire che la mia strada era proprio la vita salesiana. A tal proposito aggiunge: Da bambino volevo diventare sacerdote, ma mi passò subito al pensiero di dover andare in seminario e allontanarmi dalla mia famiglia. Io non ho avuto pressioni, ma ho fatto la gavetta in Oratorio fino a 19 anni: era la mia seconda casa (la prima secondo i miei genitori!). Mi tornò insistentemente l’idea della vita sacerdotale e salesiana a 18 anni non volevo altra vita che quella che vivevo in oratorio!
Don Alberto ha vissuto gli anni di formazione in meridione: Noviziato a Vico Equense (NA), Studentato filosofico a San Gregorio di Catania, Tirocinio a Bari, Teologia a Castellammare (NA). Nel frattempo la famiglia Guglielmi si trasferisce a Bolzano e così il chierico Alberto chiede di avvicinarsi. Il 1974 sarà denso di eventi significativi: la morte di entrambi i genitori, la professione perpetua (6 ottobre), l’ordinazione diaconale a Schio (3 novembre) e l’ordinazione presbiterale proprio a Bolzano nella parrocchia dei Tre Santi (28 dicembre).
Gli anni del ministero sacerdotale don Alberto li ha vissuti prevalentemente in ambienti oratoriani e parrocchiali: Schio, Verona Santa Croce, Belluno, Pordenone. Riguardo a questo settore scrive: Sono sempre stato convinto che anche se la crescita porta ad allontanarsi dalla pratica religiosa, la fede resta e torna tanto più quando si coinvolgono le famiglie. In seguito, per un paio di anni, collaborerà con il settore Comunicazione Sociale della Casa Generalizia di Roma. Sarà poi direttore della comunità salesiana di Albarè, opera dedita ai giovani più in difficoltà. Al proposito confida: La missione affidatami ad Albarè, è stata un’altra sorpresa dell’amore di Dio per me. Mi sono subito sentito bene tra quei giovani che, in una esperienza di comunità, ri-costruiscono un progetto di vita alternativo a quello vissuto prima. Qui si sperimenta la sollecitudine di Dio per la vita di tutti. In seguito la sua presenza sarà richiesta a Torino presso la Basilica di Maria Ausiliatrice (2013-17) come responsabile del Museo Mariano e confessore. Al suo rientro trascorrerà gli ultimi anni nella comunità del Rainerum. Scrive: Sono contento di essere qui a Bolzano. È stata l’ultima residenza della mia famiglia dal 1970. Sono ricordi belli e tristi: la morte prematura dei miei genitori, la mia ordinazione sacerdotale… È quasi un “ritorno a casa” (26 febbraio 2019). Al Rainerum il suo incarico principale è stato quello di seguire due residenze per Anziani: Villa Europa e Don Bosco. In casa era il sacrestano. Si è prestato anche per piccoli servizi di manutenzione, per la posta, i giornali e la portineria. I primi anni faceva assistenza in mezzo ai ragazzi, ma gli costava molto stare in piedi. I ragazzi si affezionavano a lui e andavano a fargli dispetti in portineria.
Don Alberto aveva una personalità forte, un carattere primario e tenace. Ecco una delle sue battute: Bisogna essere decisi, soprattutto quando si è incerti. Anche nella malattia è stato così, non ha aspettato a lungo ed è andato in Paradiso in breve tempo. Sono famose le sue lettere scritte ai confratelli: tutti noi ne abbiamo almeno una. Quando c’era qualche screzio, sia che avesse ragione sia che avesse torto, prima di sera cercava di chiarire, spesso per lettera, per cercare di mettere olio sugli ingranaggi della vita comunitaria. Riguardo le relazioni lui stesso scrive di sé: Per quel che riguarda la mia persona, io credo di essere tagliato per la vita comunitaria, lo sento come un dono datomi da Dio. Io non sarei capace di vivere il sacerdozio da solo. In comunità mi sono sempre trovato bene. Credo di conoscere i miei difetti e i miei limiti umani e spirituali, ma è il giogo che devo portare e accettarmi. Le cose buffe che riscontro nelle persone mi rimangono impresse. Da adolescente e da giovane mi piaceva fare le imitazioni dei miei insegnanti, e poi dei miei superiori. [...] Cerco di dimenticare il male che ho incontrato e che ho anche fatto.
Il suo carattere, talvolta impegnativo, non gli ha impedito di amare e di essere una delle colonne della comunità di Bolzano. Sempre presente a tutti gli appuntamenti della comunità, si prestava volentieri anche per organizzare dei momenti comunitari, soprattutto nell’ambito liturgico. Così scrive il suo direttore don Ivan: Devo dire che don Alberto è stato sempre molto generoso e capace di creare amicizie nei vari luoghi dove è stato, amicizie che ha sempre tenute vive con la corrispondenza e con le telefonate. Il suo carattere, anche se forte, è stato sempre cordiale e gioviale. Era pieno di battute, sia verso i confratelli, sia verso i ragazzi e le persone. Riguardo la missione così testimonia don Martinelli: L’amore rende inventivi e don Alberto creava di volta in volta forme nuove con i suoi ragazzi. Operava come un artista utilizzando i linguaggi vari della poesia, del teatro, del canto. Perfino il gesticolare delle mani, il socchiudere gli occhi, il chinare il capo erano modi differenti di concentrarsi e di aiutare gli altri a concentrarsi sulla sostanza del messaggio di don Bosco.
Impressiona leggere quello che scrisse un paio di mesi fa, durante gli Esercizi Spirituali, quando nulla lasciava presagire la sua dipartita: La morte, il dono del compimento. La morte è l’ultima trasformazione della vita. Cosa c’è di drammatico nella morte? Che tu cessi di essere per gli altri. Il rapporto con gli altri, quello che mi rende vivo e cosciente, si interrompe. Noi possiamo insieme ricordare una persona e così sentirla viva. Ci facciamo la domanda: c’è qualcuno che muore e vuole tornare in vita? No! La nuova condizione è compimento, non nasce il desiderio di ritornare a vivere la vita di prima. [...] C’è un Dio che presiede la vita! (appunti presi agli EE.SS. a Torreglia - 6 marzo 2023).
Don Alberto ha creduto a quanto il Signore dice a Tommaso nel Vangelo: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Una sua poesia commenta bene queste parole: L’avventura più grande / da scalare è questa: attraverso / Gesù arrivare al cuore del Padre. / Che meraviglia, tu mi hai scelto / per questa impresa: mille grazie! / Ti amo alla follia (Roma, 28.3.1973). Il suo testamento svela la sua immensa gratitudine per Dio e il suo grande desiderio di essere vero con i fratelli. Così scrive: Rimango stupito per i tanti doni che il Signore continuamente mi fa, e confuso per l’incapacità di farne tesoro e di corrispondervi adeguatamente. Vivo grazie alla grande bontà e misericordia del Signore per me. Sono certo che ci tiene a me, che mi vuole bene, che non si stanca mai dei miei peccati. Non credo di aver nociuto a qualcuno, ma sento il dovere di chiedere perdono per le pretese che ho avuto nei confronti dei confratelli, giudicandoli non all’altezza delle loro responsabilità. Sono stato molto esigente nel servizio pastorale e impaziente nell’attendere che le persone e le cose maturassero. Sono stato duro nel giudicare situazioni e persone quando mi sentivo sicuro di stare nella verità. “Arrivederci in Purgatorio” fu il saluto di don Williams, con il suo spiccato humor inglese, quando si congedò dalla Casa Generalizia per fare ritorno in Inghilterra. È anche il mio congedo da questo mondo, consapevole di quanto ho bisogno di essere purificato. Miserere mei Domine, miserere mei.
All’inizio del mese di maggio, affidiamo don Alberto alle mani materne di Maria perché lo accompagni all’incontro con il Signore della Vita, per il quale si è speso come salesiano. Ti chiediamo, don Alberto, di intercedere presso il Padre perché, sul tuo esempio, altri giovani si lascino affascinare da don Bosco e dalla sequela del Signore Gesù.
A cura di don Igino Biffi