Carissimi tutti, confratelli salesiani e laici impegnati nei consigli delle CEP e nelle Equipe di PG nelle nostre opere salesiane del Triveneto.
Ieri abbiamo celebrato la solennità di San Giovanni Bosco, nostro padre e maestro. Le Costituzioni ci ricordano che egli "non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la salvezza della gioventù... Realmente non ebbe a cuore altro che le anime". Sempre le Costituzioni ci dicono che: Come Don Bosco, (anche noi) siamo chiamati a essere educatori alla fede, camminando con i giovani per condurli alla persona del Signore risorto e rivelare loro la gioia del Vangelo.
In questo percorso che stiamo facendo con i Focus di PG sui nuclei del POI, una delle dimensioni del nucleo della Missione è relativa all’importanza dell’Evangelizzazione e del Primo Annuncio.
Di fronte al contesto sociale attuale, segnato da secolarizzazione, individualismo e indifferenza, l'evangelizzazione richiede un rinnovamento profondo che parta dal cuore della missione cristiana: il Primo Annuncio. Questo annuncio costituisce il nucleo fondamentale della missione evangelizzatrice ed è la porta d’ingresso alla fede, soprattutto per i giovani, spesso distanti o indifferenti alla proposta cristiana. Il Primo Annuncio non è semplicemente la prima volta che qualcuno sente parlare di Gesù Cristo, ma è l’annuncio essenziale che va riproposto in forme nuove, sempre attuali e vitali. (Sarebbe interessante discuterne assieme su quali siano le modalità). È un’esperienza iniziale di incontro con Cristo, che può toccare la vita di chiunque e trasformarla radicalmente. Questo tipo di evangelizzazione non può essere ridotto a una semplice trasmissione dottrinale o a una proposta catechetica tradizionale, ma deve generare un'esperienza di fede viva e autentica.
Non so voi, ma spesso mi capita di trovarmi in mezzo a giovani che camminano velocemente, immersi nei loro pensieri, nei loro affanni quotidiani. In mezzo a questo fluire incessante di volti e storie, capita di fermarmi un istante e chiedermi: "Ma questi giovani, sono felici? Da cosa dipende la pienezza della loro vita?"
Papa Francesco ci ricorda che: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”. Allora mi chiedo: questi giovani hanno mai avuto occasione di sperimentare la gioia del Vangelo? Oppure per loro il Vangelo è solo un’idea, un concetto distante, che non tocca il quotidiano della loro esistenza?
Forse il primo passo che ciascuno di noi è chiamato a fare, per essere evangelizzatore e annunciatore di questa gioia, è prendere la decisione di aprirsi all’incontro con Cristo vivo: “Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta”.
La gioia cristiana non è qualcosa da custodire gelosamente, ma una missione da condividere. “La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria”. In un mondo in cui la speranza sembra spesso vacillare, come possiamo essere testimoni autentici di questa gioia? Quali parole, quali gesti possiamo usare per far sì che chi ci sta accanto si senta toccato da questa luce?
Il Primo Annuncio è anzitutto una questione di vicinanza, di empatia, di relazione e “consiste (...) in un breve intervento volto a fare breccia nella mente e nel cuore dell’interlocutore. Deve essere un messaggio empatico, vicino, aderente alla vita personale del destinatario. Il Primo Annuncio non deve avere la pretesa di essere esplicativo, ma deve provocare, suscitare interesse, può risuonare nel cuore dell’ascoltatore come una proposta”. Ma quanto spesso, invece, ci limitiamo a ripetere formule già sentite, senza chiederci se davvero stanno parlando alla vita concreta delle persone? Cosa e come annunciamo nelle nostre attività educative? Sarebbe interessante fare una revisione dei contenuti e delle forme per capire se le nostre azioni pastorali sono evangeliche oppure no.
Più di qualcuno potrebbe obiettare che l’annuncio del Vangelo è prettamente opera e incarico dei consacrati, ma non è così. Annunciare il Vangelo non è un compito riservato a pochi esperti, ma è una chiamata per tutti i battezzati che - come cristiani - vogliono condividere la gioia del Vangelo, sempre e in ogni occasione: “L’annuncio del kerygma deve contraddistinguere ogni azione ecclesiale, non può essere dato per scontato, ma deve essere riproposto continuamente e secondo uno stile coerente con il Vangelo e con il contesto nel quale esso viene proposto”.
don Emanuele Zof
DELEGATO PG - INE
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1 Cost. 21. “Il Signore [ce lo ha donato] come padre e maestro. Lo studiamo e lo imitiamo, ammirando in lui uno splendido accordo di natura e di grazia. Profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente, egli era aperto alle realtà terrestri; profondamente uomo di Dio, ricolmo dei doni dello Spirito Santo, viveva ‘come se vedesse l’invisibile’. [...] ‘Non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la salvezza della gioventù... Realmente non ebbe a cuore altro che le anime’”.
2 Cost. 34. “Come Don Bosco, siamo chiamati tutti e in ogni occasione a essere educatori alla fede. La nostra scienza più eminente è quindi conoscere Gesù Cristo e la gioia più profonda è rivelare a tutti le insondabili ricchezze del suo mistero. Camminiamo con i giovani per condurli alla persona del Signore risorto affinché, scoprendo in Lui e nel suo Vangelo il senso supremo della propria esistenza, crescano come uomini nuovi” per cui “per noi l’evangelizzazione e la catechesi sono la dimensione fondamentale della nostra missione”.
3 Francesco, Evangelii Gaudium, 1
4 Francesco, Evangelii Gaudium, 3
5 Francesco, Evangelii Gaudium, 21
6 Conclusioni Seminario Primo Annuncio e Dialogo Interreligioso, Madrid ottobre 2024
7 Ibid.