Carissimi tutti,
confratelli salesiani e laici impegnati nei consigli delle CEP e nelle Equipe di PG nelle nostre opere salesiane del Triveneto.
Eccoci entrati nel mese di settembre e quindi nel nuovo anno pastorale 2024-25, che ci vedrà impegnati nella preziosa missione salesiana in ambito educativo a servizio dei giovani, soprattutto i più bisognosi.
Gli ultimi tre mesi abbiamo focalizzato le riflessioni pastorali su diverse componenti del corpo umano: il cuore (giugno), la mente (luglio) e i piedi (agosto). Questo mese vi propongo un’ultima riflessione sul tema delle mani, così da completare il quadro e lasciare poi spazio a Focus di PG sulla Proposta Pastorale dell’anno (La Speranza) e sui 5 punti che il nuovo ispettore don Silvio ha ricevuto dal Rettor Maggiore (che - divenuto cardinale - ha lasciato la guida della Congregazione il 16 agosto) come strumento di lavoro e carta di navigazione per la nostra ispettoria.
“Mi dai una mano?” era la frase che l’attuale maestro dei novizi (nonché ultimo incaricato vocazionale della nostra ispettoria prima di don Luca) diceva spesso ai giovani come provocazione per incitarli a inserirsi sempre di più nella missione salesiana. Diceva che era una frase tipica di don Bosco. Mosso dalla curiosità sono andato a cercare su tutti i testi salesiani questa frase, ma non l’ho trovata da nessuna parte! Ad ogni modo, è verosimile che don Bosco chiedesse una mano ai suoi giovani, ed è su questo punto che vorrei soffermarmi e riflettere: “mi dai una mano?”.
Le mani: sono uno strumento straordinario e indispensabile di cui la natura ci ha dotato e che ci distingue dagli altri esseri viventi; ci permettono di creare e di fare azioni che senza di loro non sarebbero possibili; sono simbolo di operosità, creatività, cura e connessione umana. Proviamo ad approfondire alcuni aspetti, senza voler essere esaustivi e lasciando a voi ulteriori riflessioni da sviluppare.
Partiamo da un'immagine biblica, ripresa in diversi libri del Primo Testamento, che è quella del vasaio: “come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele”. Questa immagine ci mostra delle mani (quelle di Dio), che ci plasmano e ci formano: siamo nelle mani di Dio e siamo chiamati a lasciarci plasmare e modellare da Lui. Ma quanto siamo disposti ad essere questa argilla su cui Lui può lavorare? Quanto siamo malleabili nel lasciarci plasmare dalla Sua Parola? Quanto ci lasciamo configurare dalla Sua volontà? Anche i nostri progetti pastorali, quanto sono “impastati” dalla Sua Parola?
Noi stessi, poi, come educatori e formatori abbiamo una responsabilità grande nei confronti dei giovani e ragazzi che incontriamo: che forma diamo a questa giovane argilla che viene affidata alle nostre mani? Abbiamo già in mente una forma predefinita da dare oppure, come un vero vasaio, lasciandoci guidare dall’ispirazione, lasciamo che sia la stessa pasta, a contatto con noi, a prendere la sua forma originaria e originale? Quanta pazienza abbiamo poi, con quei giovani che fanno più fatica a lasciarsi modellare (Cfr. Brano di Geremia)?
Restando nell’ambito dell’arte, c’è una bellissima scultura in pietra (sempre del mio amico Auguste Rodin), che vede due mani destre, appartenenti a due persone diverse, che si toccano. Le mani sembrano quasi giunte in preghiera. A questa opera d’arte diede dapprima il nome “L’arca dell’Alleanza” e successivamente (e definitivamente) la intitolò “La cattedrale”. Le mani, oltre che essere simbolo di operosità, sono anche simbolo di unione, cura e di protezione (se usate per il bene) e possono quindi essere lo strumento con cui noi andiamo a costruire una società e una comunità dove i giovani possano sentirsi protetti, custoditi e accompagnati. “Mi dai una mano?” è una richiesta di aiuto, che porta alla collaborazione, a fare le cose insieme. Imparare a 'dare una mano' e insegnare a fare lo stesso, significa educare alla cooperazione, all'empatia, alla disponibilità verso l'altro. L'uso delle mani nell'educazione va oltre il semplice fare: è un modo di coinvolgere l'intero essere, di apprendere attraverso l'esperienza, di plasmare e di essere plasmati, di dare forma e di aiutare. É il nostro modo di essere Chiesa, Comunità Educativa Pastorale. Darsi una mano, gli uni con gli altri, è anche un modo per creare alleanze tra educatori (docenti e formatori) e tra educatori e ragazzi.
Torniamo al sogno dei nove anni di don Bosco. É lì che Giovannino impara che le mani non vanno usate per “picchiare” gli altri, ma per aiutare chi è nel bisogno. Lo impara direttamente dalla Madonna che lo “prese con bontà per mano” e poi “pose una mano sul suo capo”. Due gesti delle mani carichi di Grazia, che gli insegnano come usare le mani verso i giovani che incontrerà.
Non ho trovato la frase di don Bosco: “mi dai una mano?”, ma in compenso ho trovato altre due chicche, che condivido con voi. Dice don Bosco: “Siamo nelle mani del Signore, il quale è il più buono dei padri che veglia di continuo al nostro bene, e sa ciò che è meglio per noi, e quello che non lo è”; e “Ricordate sempre che don Bosco non fu e non è altro che un misero strumento nelle mani di un artista abilissimo ed onnipotente che è Dio; a Dio pertanto ogni lode, onore e gloria”.
Lasciamoci dunque plasmare dalle mani di Dio, ed essere umili strumenti nelle sue mani e - al tempo stesso - impariamo ad aiutarci gli uni con gli altri, a darci una mano nel bisogno, soprattutto in questi primi mesi dell’anno.
don Emanuele Zof
DELEGATO PG - INE