Carissimi confratelli salesiani e laici impegnati nelle CEP e nelle Equipe di PG del Triveneto,
arriviamo da un mese di aprile denso di avvenimenti, tra cui l’elezione del nuovo Rettor Maggiore: don Fabio Attard; la Pasqua; la morte di papa Francesco; il Giubileo degli adolescenti a Roma… ed entriamo nel mese di maggio, mese mariano e mese che vedrà - di fatto - l’elezione del nuovo papa!
Siamo inoltre al termine del percorso dei Focus di PG dedicati ai nuclei del P.O.I. e l’ultimo tema è quello del “Ridisegno”. Pensando a tutto quello che è successo in questo ultimo periodo mi viene da pensare a qual è il disegno che si sta tracciando per il futuro della Chiesa e della Congregazione Salesiana. L’elezione del nuovo Rettor Maggiore e del nuovo Papa, pur restando in continuità con i loro predecessori, daranno sicuramente una nuova traccia al corso degli eventi. Ma quale segno saranno chiamati a lasciare? E quale segno possiamo lasciare noi, immersi in quest’epoca di cambiamento?
Se vediamo le riflessioni emerse in questi ultimi tempi, la Chiesa e la Congregazione Salesiana si stanno ripensando non come custodi statici di un'eredità, ma come artigiani di futuro, fedeli al Vangelo e creativamente immersi nella storia. Il sogno è quello di una Chiesa e di una Congregazione missionarie, sinodali, profetiche, profondamente radicate in Cristo e capaci di rinnovare il carisma educativo ed evangelizzatore nel contesto attuale.
Durante tutto il suo pontificato, Papa Francesco ha lasciato impronte profonde che stanno già tracciando il cammino della Chiesa verso il futuro. Il suo insegnamento si è distinto per alcune linee guida fondamentali che ne sintetizzano la visione e l’orientamento pastorale. Anzitutto, Francesco ha proposto con forza l’idea di una Chiesa in uscita: una comunità viva, missionaria, capace di andare incontro alle persone là dove si trovano, specialmente nelle periferie, siano esse geografiche o esistenziali. Non una Chiesa chiusa in sé stessa, ma pronta a camminare verso l’altro. Al centro del suo messaggio c’è poi il primato della misericordia. Per il Papa, Dio è prima di tutto “Misericordia”, e di conseguenza la Chiesa deve sapersi comportare come un "ospedale da campo", dove si curano le ferite dell’umanità, piuttosto che come una "dogana" che stabilisce chi entra e chi resta fuori. Un altro caposaldo è stato la sinodalità, intesa come camminare insieme: ascoltarsi, confrontarsi, prendere decisioni in modo condiviso, superando logiche clericali che separano chi guida da chi segue. La Chiesa che sognava Papa Francesco è una comunità in cui ciascuno ha voce e responsabilità. Non è mancata, poi, l’attenzione evangelica ai più deboli: l’opzione preferenziale per i poveri è un criterio irrinunciabile per essere fedeli al Vangelo. Gli ultimi, i piccoli, gli emarginati, non sono un’appendice ma il cuore stesso della missione cristiana. Francesco ha invitato anche a una profonda conversione pastorale: il compito della Chiesa non è quello di preservare strutture e abitudini, ma di rinnovarsi continuamente alla luce del Vangelo, per rispondere con creatività e fedeltà alle sfide del tempo presente. Molto significativa è anche la prospettiva dell’ecologia integrale, che unisce la cura per l’ambiente con quella per le relazioni umane e sociali. La “casa comune” è fatta di natura, ma anche di giustizia, di fraternità, di pace. Tutto parte però da un punto centrale: il kerygma, cioè l’annuncio dell’amore gratuito e salvifico di Dio. Per Papa Francesco, questo annuncio precede ogni morale o dottrina: è l’incontro personale con l’amore di Dio che trasforma la vita. Infine, la sua proposta educativa e spirituale insisteva sulla formazione del cuore. Ha promosso una spiritualità popolare, semplice, accessibile (possiamo dire “salesiana”), che accompagnava le persone nella loro vita concreta e quotidiana, senza astrattezze né distanze. Il pontificato di Papa Francesco, concretamente, è stato un invito a disegnare una Chiesa più vicina, più umana, più evangelica. Una Chiesa che sappia ascoltare, accogliere, servire e annunciare con gioia il cuore del Vangelo.
Anche don Fabio Attard, nel suo discorso conclusivo al CG29 ha lasciato alcune tracce per il futuro della congregazione salesiana richiamando con forza l’importanza della conversione personale come fondamento di ogni rinnovamento. Ha invitato a riscoprire il cuore mistico della vocazione salesiana e ha sottolineato l’urgenza di conoscere Don Bosco, non solo amarlo, per evitare una spiritualità superficiale e scollegata dalle sfide attuali. Ha chiesto inoltre di affrontare le nuove frontiere della missione digitale e fatto presente il bisogno di una formazione culturale solida, collegando il carisma salesiano al pensiero contemporaneo.
I capitolari, infine, hanno lasciato un documento finale in cui hanno tracciato una mappa operativa per il sessennio 2025–2031, strutturato in tre nuclei: cura della vita del salesiano, missione condivisa con i laici, e delibere capitolari. Al centro troviamo la passione per Cristo e per i giovani, alimentata dall’Eucaristia e dallo Spirito Santo, “fuoco che arde nel nostro cuore”. Grande attenzione è stata posta alla formazione condivisa, alla fraternità evangelica, alla sostenibilità economica e all’ecologia integrale. Le delibere finali inoltre, tracciano impegni concreti, mentre lo stile sinodale del processo testimonia una Chiesa in cammino che “ascolta, interpreta e sceglie” alla luce del carisma di Don Bosco.
Come possiamo notare il ridisegno che ci viene chiesto di attuare è quello di lasciare un segno, come cristiani, nel cuore delle persone che incontriamo, soprattutto chi è lontano dalla vita spirituale che porta all’incontro con Dio. Tutto quello che siamo chiamati a fare è - forse - segnare ogni cosa, ogni persona, con il segno della croce. Benedire. Lasciare segni di benedizioni. Lasciar agire lo Spirito di Dio in noi, che è l’unico in grado di lasciare una traccia indelebile e di rinnovare ogni cuore.
don Emanuele Zof
DELEGATO PG - INE