di Aldo A. Castenetto sdb
Ho provato molte volte ad immaginare quale potesse essere la reazione di un cittadino di mezza età di Lipsia, il giorno di Natale del 1734, nell’ascoltare il Vangelo di Luca che parla di angeli che cantano ai pastori “Gloria nell’alto dei cieli e pace sulla terra” e subito dopo essere investito dal suono di timpani e trombe dell’inizio dell’Oratorio di Natale di Bach. Forse per la prima volta in vita sua questo cristiano semplice e ordinario poté capire veramente cosa significasse quella preghiera che per tutto l’Avvento aveva ripetuto: “apriti o terra, produci la salvezza e germina il Salvatore!”
La fede, che si nutre della Parola e si traduce in parole, ha un alleato potentissimo nella musica: forse perché riesce a far intuire l’inesprimibile, forse perché esprime senza dire, forse perché emoziona senza toccare: da sempre la musica è il linguaggio più adatto a “dire” Dio. E la festa liturgica del Natale è sempre stata felicemente combinata ad un arricchimento musicale, un legame talmente forte da far arrogare al Natale come “sua proprietà” un genere musicale specifico, la Pastorale, per il suo carattere a metà tra ninna nanna e zampognata (… quale modo migliore per descrivere contemporaneamente la dolcezza di Maria con Gesù e lo stridore dei pastori nella notte?); un legame talmente forte che la sobrietà prevista dall’Avvento, tempo di ascolto, silenzio (e quindi minore espressività musicale), venne progressivamente “rosicchiata” da canti che anticipavano il Natale: le solenni Antifone “O”, meraviglia del repertorio gregoriano, la cui origine si perde nella notte dei tempi; la novena di Natale con il canto delle profezie; il canto del Missus tipicamente patriarchino… quasi ad esprimere con una ricercata bellezza musicale il “non veder l’ora” che un mistero così atteso, desiderato e sperato si realizzasse.
La musica può essere il mezzo migliore per preparare l’animo ad accogliere la venuta di Cristo. Ascoltare musica (soprattutto musica sacra, che ha l’intento esplicito di cercare di avvicinare alla comprensione della fede, e che si nutre della fede del compositore che l’ha pensata) aiuta a sintonizzare la propria vita con il mistero di Dio che si incarna. Partecipare ad un concerto può diventare esperienza di fede, oltre che godimento estetico.
Chiara Bertoglio, pianista concertista e teologa, lo dice in questi termini: “La musica ci insegna la dimensione dell’ascolto: ci chiede un silenzio disponibile, in cui ci sia lo spazio per l’incontro con qualcosa o qualcuno di Altro da noi; qualcosa o qualcuno che è sovranamente libero, e ci chiede solo di lasciarci coinvolgere dalla sua bellezza. La musica ci aiuta a intravedere barlumi di trascendenza e ad intuire sprazzi di eternità” (Chiara Bertoglio, L’amore sa attendere, Effatà editrice).
È davvero bello che il tempo di Avvento ci offra ogni anno così tante occasioni di ascolto: concerti, saggi, riflessioni in musica, liturgie ben curate, novene…. Lasciamoci guidare e aiutare da queste performance estetiche per giungere all’incontro con l’Atteso delle Genti: “anche se abbiamo davanti uno spettacolo desolante perché gli uomini non hanno cessato di imparare l’arte della guerra, anzi sono sempre andati a scuola per perfezionarla, dobbiamo credere che la storia non si concluderà con il sopravvento del male, ma con la vittoria del bene. Non dobbiamo avere paura, ma sempre invocarlo con insistenza: Vieni Signore Gesù e salva l’uomo!” (Madre Anna Maria Canopi OSB, Invochiamo il tuo nome, San Paolo). La musica, con la sua bellezza, ci ricorda questo e ci aiuta a vedere il mondo e il futuro con speranza.