03/05/2024

La Formazione Professionale ha incontrato il papa

«Una valida formazione professionale è un antidoto alla dispersione scolastica e una risposta alla domanda di lavoro in diversi settori dell'economia. Il lavoro è fondamentale della nostra vita e della nostra vocazione. Eppure, oggi assistiamo a un degrado del senso del lavoro, che viene sempre più interpretato in relazione al guadagno piuttosto che come espressione della propria dignità e apporto al bene comune. Pertanto, è importante che i percorsi di formazione siano al servizio della crescita globale della persona». Sono le parole con cui questa mattina, in Aula Nervi, Francesco s'è rivolto agli allievi e insegnanti nel corso di un’udienza «straordinaria ed esclusiva», promossa in occasione del 50° di fondazione di Confap e del 25° di Forma.

Un «incontro storico» - promosso in occasione del 25° di fondazione di Forma e del 50° di Confap - perché, per la prima volta, il Papa ha incontrato esclusivamente i rappresentanti di questa importante espressione del sistema italiano di istruzione, composto da circa 160mila allievi tra i 14 e i 18 anni. Ragazzi che vogliono lasciare la propria «impronta nel mondo» attraverso il lavoro. « Noi non formiamo manodopera ma persone in opera», sottolinea don Massimiliano Sabbadini, presidente di Confap. «È motivo di grande gioia poterci presentare al Papa nella nostra specificità – aggiunge – che è aiutare i ragazzi a sviluppare tutte le loro caratteristiche e potenzialità. E siamo orgogliosi di accogliere nei nostri centri di formazione anche giovani che sono stati espulsi dalla scuola, dando loro una nuova dignità». Ragazzi con alle spalle «storie complicate che da noi ritrovano la propria strada», interviene Paola Vacchina, presidente di Forma e amministratore delegato di Enaip (Ente nazionale impresa sociale), fondato negli anni Cinquanta su iniziativa delle Acli. «Abbiamo il desiderio di sentirci abbracciati e incoraggiati da papa Francesco – aggiunge Vacchina – e sappiamo quanto il Santo Padre sia attento alla formazione dei giovani e alla costruzione di una società migliore in cui ciascuno, attraverso il proprio lavoro, possa contribuire al bene comune».

Un assaggio delle competenze apprese nei centri di formazione professionale e della passione dei giovani allievi saranno i doni presentati al Papa durante l’udienza. «Simboli dell’impegno dei ragazzi capaci di produrre cose buone», aggiunge la presidente di Forma. Tra le opere donate al Pontefice, una lampada in legno realizzata dagli allievi del Cfp di Tesero, in Trentino, con i rami e i tronchi schiantati dalla tempesta Vaia dell’autunno 2018, «simbolo della vita che rinasce e della luce che si accende anche dopo le difficoltà». Un allievo ucraino porterà in dono alcune colombe, messaggere di pace, realizzate unendo legno dolce e duro, «simbolo di speranza e riconciliazione, richiamo potente all’importanza di costruire ponti di comprensione e solidarietà, affinché possiamo tutti vivere in un mondo di pace e armonia ». Tra i doni anche un calco in marmo realizzato dai giovani del CFP di di Sant' Ambrogio (VR) legato al CFP di San Zeno, che rappresenta il volto di san Giuseppe lavoratore. 

«Nella cultura dello scarto in cui oggi viviamo, come dice papa Francesco – si legge nella presentazione dell’udienza pubblicata sul sito di Forma – i doni portati dai ragazzi ci raccontano un’altra realtà: il valore sta nelle mani di chi sa produrre e nelle menti di chi sa concepire. Ognuno restituisce al mondo il proprio valore, con un’impronta che rimane indelebile attraverso artefatti, opere e strumenti che raccontano il meraviglioso universo che risiede in ognuno di noi. L’unicità dei doni è l’unicità dei ragazzi che li hanno creati, il valore più grande che i centri di formazione professionale hanno: i propri allievi».

Già 180 anni fa, nel 1842, don Giovanni Bosco seguiva i giovani apprendisti nelle botteghe di Torino e da quel seme è nata l’esperienza salesiana nel campo della formazione professionale. Porta la firma di don Bosco, infatti, il primo contratto di apprendistato della storia, siglato l’8 febbraio del 1852 tra lo stesso don Bosco, il datore di lavoro, il giovane apprendista e suo padre. Dal 1977, inoltre, la Federazione Cnos Fap è la struttura associativa che attualizza in Italia l’esperienza formativa di don Bosco e dei Salesiani. Una rete oggi composta da 63 centri, 16 sedi regionali, 1.593 operatori su tutto il territorio nazionale, 1.541 corsi, 23.332 allievi e 865.527 ore di formazione erogate. Inoltre, il tasso di occupazione dei diplomati Its (Istituti tecnici superiori) è del 94,2% per il sistema meccanica, dell’89,9% per la Mobilità sostenibile e dell’88,5% per l’Efficienza energetica. « Al Papa – dice don Giuliano Giacomazzi, direttore del Cnos-Fap nazionale – offriamo il nostro impegno per i ragazzi in maggiore difficoltà, il lavoro fatto con loro per collaborare alla costruzione del loro futuro, la collaborazione con le aziende per rispondere con la formazione professionale a un bisogno sempre più urgente nella nostra nazione, cercando di fare un match fra bisogni del mondo del lavoro, le esigenze dei ragazzi, le opportunità della formazione».

Numerosi sono i giovani e i formatori che assieme all'ispettore don Igino Biffi, sono partiti dai nostri Centri di Formazione Professionale della Fondazione FP - INE per raggiungere il papa.

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Di seguito il discorso tenuto da papa Francesco:

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DELLA CONFEDERAZIONE NAZIONALE
FORMAZIONE AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE (CONFAP)

Aula Paolo VI
Venerdì, 3 maggio 2024

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Signor Ministro dell’Istruzione, Signor Valditara,
cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Do il benvenuto a tutti e saluto in particolare il Presidente della CONFAP, i formatori, gli educatori e i giovani presenti, tutti voi che siete parte attiva degli Enti di formazione professionale. La vostra Confederazione compie 50 anni, mentre ricordiamo anche il 25° dell’Associazione Forma FP. E vorrei dirvi subito “grazie”, grazie perché il vostro servizio, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, è un contributo di vitale importanza per la società in cui viviamo.

Col vostro impegno quotidiano, voi siete espressione della ricca e variegata spiritualità di diversi Istituti Religiosi, che hanno nel loro carisma il servizio ai giovani attraverso la formazione professionale. Si tratta di percorsi formativi all’avanguardia, che vantano un’alta qualità di metodologie, esperienze di laboratorio e possibilità didattiche, tanto da costituire un fiore all’occhiello nel panorama della formazione al lavoro. E, cosa ancora più importante, la vostra proposta formativa è integrale, perché oltre alla qualità degli strumenti e della didattica, riservate una cura e un’attenzione speciali soprattutto verso i giovani che si trovano ai margini della vita sociale ed ecclesiale. Grazie per quello che fate; grazie ai formatori che si dedicano con passione ai giovani. E con questo spirito di gratitudine, vorrei offrirvi alcune riflessioni intorno alle tre parole che caratterizzano il vostro impegno: giovani, formazione, professione.

Innanzitutto, giovani – siete tanti qui! –. Sono una delle categorie più fragili del nostro tempo. I giovani, sempre colmi di talenti e di potenzialità, sono anche particolarmente vulnerabili, sia per alcune condizioni antropologiche che per diversi aspetti culturali del tempo in cui viviamo.

Alludo non solo ai NEET che non sono né in formazione né in attività, ma ad alcune scelte sociali che li espongono ai venti della dispersione e del degrado. Molti giovani, infatti, abbandonano i loro territori di origine per cercare occupazione altrove, spesso non trovando opportunità all’altezza dei loro sogni; alcuni, poi, intendono lavorare ma si devono accontentare di contratti precari e sottopagati; altri ancora, in questo contesto di fragilità sociale e di sfruttamento, vivono nell’insoddisfazione e si dimettono dal lavoro. Dinanzi a queste e ad altre situazioni simili, tutti noi dobbiamo prendere consapevolezza di una cosa: l’abbandono educativo e formativo è una tragedia! Sentite bene, è una tragedia. E, se occorre promuovere una legislazione che favorisca il riconoscimento sociale dei giovani, ancora più importante è costruire un ricambio generazionale dove le competenze di chi è in uscita siano al servizio di chi entra nel mercato del lavoro. In altre parole, gli adulti condividano i sogni e i desideri dei giovani, li introducano, li sostengano, li incoraggino senza giudicarli.

A questo proposito, vorrei dire a voi, che con creatività spendete in questo campo il vostro essere cristiani: non perdete di vista nessuno, siate attenti ai giovani, abbiate cura di quelli che non hanno avuto opportunità o che provengono da situazioni sociali svantaggiate. Non tutti hanno ricevuto il supporto indispensabile della famiglia e della comunità cristiana e noi siamo chiamati a farcene carico, perché nessuno di loro può essere messo alla porta, soprattutto i più poveri ed emarginati, che rischiano gravi forme di esclusione, compresi i migranti. Chi si sente scartato può finire in forme di disagio sociale umanamente degradanti, e questo non dobbiamo accettarlo!

La seconda parola è formazione, che indica un impegno indispensabile per generare futuro. Le trasformazioni del lavoro sono sempre più complesse, anche a motivo delle nuove tecnologie e degli sviluppi dell’intelligenza artificiale. E qui siamo chiamati a respingere due tentazioni: da un lato la tecnofobia, cioè la paura della tecnologia che porta a rifiutarla; dall’altro lato la tecnocrazia, cioè l’illusione che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi. Si tratta invece di investire risorse ed energie, perché la trasformazione del lavoro esige una formazione continua, creativa e sempre aggiornata. E nello stesso tempo occorre anche impegnarsi a ridare dignità ad alcuni lavori, soprattutto manuali, che sono ancora oggi socialmente poco riconosciuti.

Una valida formazione professionale è un antidoto alla dispersione scolastica e una risposta alla domanda di lavoro in diversi settori dell’economia. Ma – voi me lo insegnate – una buona formazione professionale non si improvvisa. Serve un legame con le famiglie, come in ogni tipo di esperienza educativa; e serve un sano ed efficace rapporto con le imprese, disposte a inserire giovani al proprio interno. Questi per voi sono i due poli di riferimento, perché insieme alle competenze tecniche sono importanti le virtù umane: una tecnica senza umanità diventa ambigua, rischiosa e non è veramente umana, non è veramente formativa. La formazione deve offrire ai giovani strumenti per discernere tra le offerte di lavoro e le forme di sfruttamento.

La prima parola “giovani”. La seconda parola “formazione”. La terza parola professione. Giovani, formazione e professione. La professione ci definisce. “Che lavoro fai?”, si chiede a una persona per conoscerla. “Come ti chiami? Che lavoro fai?”: presentiamo gli altri attraverso il loro lavoro. È stato così anche per Gesù, riconosciuto come il «figlio del falegname» (Mt 13,55) o semplicemente come «il falegname» (Mc 6,3). Il lavoro è un aspetto fondamentale della nostra vita e della nostra vocazione. Eppure, oggi assistiamo a un degrado del senso del lavoro, che viene sempre più interpretato in relazione al guadagno piuttosto che come espressione della propria dignità e apporto al bene comune. Pertanto, è importante che i percorsi di formazione siano al servizio della crescita globale della persona, nelle sue dimensioni spirituale, culturale, lavorativa. «Quando uno scopre che Dio lo chiama a qualcosa, che è fatto per questo – può essere l’infermieristica, la falegnameria, la comunicazione, l’ingegneria, l’insegnamento, l’arte o qualsiasi altro lavoro – allora sarà capace di far sbocciare le sue migliori capacità di sacrificio, generosità e dedizione. Sapere che non si fanno le cose tanto per farle, ma con un significato, […] fa sì che queste attività offrano al proprio cuore un’esperienza speciale di pienezza» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 273).

Tre parole: giovani, formazione, professione. Non dimenticatele! Vi incoraggio a continuare ad avere a cuore i giovani, la formazione e la professione. E vi ringrazio, perché attraverso la vostra creatività dimostrate che è possibile coniugare il lavoro e la vocazione della persona. Perché una buona formazione professionale abilita a compiere un lavoro e, nel contempo, a scoprire il senso del proprio essere al mondo e nella società. Vi accompagno con la preghiera. Di cuore benedico tutti voi e le vostre famiglie. E vi raccomando: non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!