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28/10/2025

Disegnare nuove mappe di speranza

C’è un’immagine che attraversa la nuova Lettera Apostolica di Papa Leone XIV: una costellazione che orienta il cammino. Nel sessantesimo della Gravissimum educationis, il Papa guarda all’educazione non come a un capitolo tra gli altri, ma come al filo rosso dell’evangelizzazione. Quando il Vangelo incontra la vita, diventa gesto educativo. E quando l’educazione è vera, accende futuro.

Il punto di partenza è semplice e radicale: viviamo in un ambiente educativo complesso, spesso frammentato e iper-digitale. In mezzo a cambiamenti rapidi e a incertezze che disorientano, la tradizione cristiana non si ritira. Rilancia. Da secoli la Chiesa abita la scuola, l’università, la formazione professionale, la pastorale scolastica e giovanile, la ricerca. Lo fa con un’intuizione chiara: la persona prima dei programmi, la relazione prima delle procedure, la speranza prima della rassegnazione.

La storia che il Papa rievoca non è un museo. È un cantiere vivo, con maestri che parlano ancora: i Padri del deserto che educano al silenzio e al discernimento; Sant’Agostino che risveglia il desiderio della verità; il monachesimo che salva i saperi e apre scuole; le università medievali dove fede e ragione si cercano senza paura. E poi i grandi educatori che hanno spostato in avanti l’asticella: Calasanzio, De La Salle, Champagnat. In questa scia brilla Don Bosco, che ha trasformato la disciplina in ragionevolezza, la distanza in prossimità, l’aula in cortile, il dovere in festa. Tutti raccontano la stessa cosa: l’educazione cristiana non è teoria astratta ma carne, passione, storia concreta.

Il Papa insiste: educare è un’opera corale. Nessuno educa da solo. La comunità educante è un “noi” dove studenti, famiglie, docenti, personale, pastori, territorio si mettono in rete per generare vita. È qui che la scuola cattolica mostra il suo volto: non un marchio, ma un ambiente dove fede, cultura e vita si intrecciano. Non basta aggiornare metodi e tecniche; serve la testimonianza di adulti affidabili. Vale quanto la lezione, forse di più. E la famiglia rimane il primo luogo educativo: le scuole collaborano, non sostituiscono. L’alleanza si costruisce con ascolto, corresponsabilità, verifiche condivise.

A dare rotta è l’umanesimo integrale. La persona non è un profilo di competenze né un algoritmo prevedibile. È un volto, una vocazione, una capacità di relazione e di verità. Per questo l’educazione cattolica rifiuta ogni riduzionismo: scienza e umanesimo, tecnica e coscienza, teoria e laboratorio si tengono insieme. L’obiettivo non è soltanto l’efficienza, ma la dignità; non solo la prestazione, ma il servizio al bene comune.

C’è poi uno sguardo che il Papa chiede di recuperare: la contemplazione del creato. Non un romanticismo di facciata, ma l’intelligenza di chi vede nelle cose un riflesso del Creatore e impara a prendersene cura. Giustizia sociale e giustizia ambientale si tengono per mano; sobrietà, scelte responsabili, abitudini virtuose diventano alfabetizzazione morale quotidiana. È la stessa grammatica della pace: disarmare le parole, educare a linguaggi non violenti, ricucire relazioni.

Il mondo educativo cattolico, dice il Papa, è una costellazione. Scuole parrocchiali e collegi, università, centri di formazione professionale, piattaforme digitali, movimenti, pastorali scolastiche e universitarie: tante stelle, una sola rotta. Le differenze non pesano: arricchiscono. Servono più scambi, progetti comuni tra continenti, riconoscimento reciproco di buone pratiche. Il futuro non si affronta da solisti, ma in coro.

E il digitale? Non è un nemico. È un ambiente da abitare con criteri. Le tecnologie devono servire la persona, non sostituirla. L’intelligenza artificiale va orientata alla dignità, alla giustizia, al lavoro buono. Nessun algoritmo potrà rimpiazzare ciò che rende umana l’educazione: poesia, ironia, immaginazione, la gioia della scoperta, perfino l’errore quando diventa occasione di crescita. Occorre formare al “digitale umano”: progettazione didattica consapevole, valutazione equa, tutela dei dati, accesso per tutti. Ma soprattutto cuore e discernimento.

Come stella polare, Papa Leone XIV riconsegna alla Chiesa il Patto Educativo Globale lanciato da Papa Francesco: persona al centro, ascolto dei giovani, promozione della dignità e della piena partecipazione delle donne, famiglia come prima educatrice, accoglienza e inclusione, rinnovamento dell’economia e della politica, custodia della casa comune. A queste vie aggiunge tre urgenze: coltivare la vita interiore dei giovani, educare a un digitale a misura d’uomo, costruire una pace “disarmata e disarmante” che parta dal linguaggio.

Qui la parola “Salesiano” trova casa. Perché tutto ciò suona familiare: cortile e officina, studio e gioco, ragione, religione e amorevolezza. Per noi “disegnare nuove mappe di speranza” significa continuare a far fiorire ragazzi e ragazze nelle periferie geografiche ed esistenziali, aprire porte a chi è rimasto fuori, accompagnare al lavoro chi cerca un futuro, sostenere famiglie fragili, non perdere mai i poveri per strada. Significa anche osare: borse di studio, inclusione reale, qualità pedagogica, formazione seria dei docenti e dei formatori. La gratuità evangelica non è retorica: è stile, metodo, obiettivo.

Il Papa chiude con tre verbi che diventano programma quotidiano: disarmate le parole, alzate lo sguardo, custodite il cuore. È un invito semplice e potente. Disarmare le parole per lasciare spazio all’ascolto. Alzare lo sguardo per scegliere la direzione, non vivere di inerzia. Custodire il cuore per mettere sempre la persona prima del procedimento. È così che una costellazione non solo brilla, ma orienta.

Per noi Salesiani è il momento di ripartire da qui: ragazzi reali, comunità vere, educatori credibili, reti che collaborano, scelte coraggiose. Con Don Bosco sappiamo che ogni giovane è una promessa. E che l’educazione, quando è ben fatta, “fa nuove tutte le cose”.

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